
I 5 problemi più sofferti dai lavoratori secondo un’indagine di Nibol
Lo smartworking è diventato ormai parte integrante della vita di gran parte dei lavoratori. Ma a casa i problemi dello smartworking stanno mettendo alla prova molti italiani. Secondo un’indagine effettuata da Nibol gli smartworker hanno sofferto questa situazione trovando come soluzione il bar o in alternativa la seconda casa. Secondo una ricerca dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano: “nella fase più acuta dell’emergenza sanitaria, oltre sei milioni e mezzo di lavoratori dipendenti italiani, circa un terzo del totale hanno sperimentato questa modalità”.
Le nuove modalità di lavoro sono entrate nella quotidianità dei lavoratori italiani e sono destinate a rimanerci. Si stima che al termine dell’emergenza, i lavoratori che svolgeranno il loro lavoro da remoto saranno complessivamente 5,3 milioni. Un’indagine di Nibol su un panel di 20.000 lavoratori ha riscontrato che la casa non è il luogo preferito dove lavorare. L’indagine effettuata dalla start up ha messo in evidenza quali sono gli aspetti negativi che rendono l’ambiente domestico il luogo “più odiato per lavorare”.

Riccardi Suardi – Foto: ufficio stampa
Problemi dello smartworking: i 5 più sofferti dai lavoratori
La solitudine si posiziona in cima alla lista, il 30% dei partecipanti ha messo in evidenza come lavorando da casa non ci sia la possibilità di interagire con altri colleghi. A questa segue con il 28% delle preferenze la condivisione forzata degli spazi di casa come figli che seguono la didattica a distanza e conviventi in smartworking. Un altro motivo di stress per chi lavora da casa è la convivenza di condivisione di un computer e connessione internet. Per il 20% degli intervistati, lavorare da casa significa perdere completamente il work-life balance.
Lavorare nello stesso luogo in cui si cucina o ci si rilassa, porta ad una continua invasione dell’ambito professionale in quello privato e viceversa. In fondo alla lista, al 10% del panel pesa la sedentarietà e l’impossibilità di muoversi anche solo spostandosi dalla propria scrivania a quella del collega. Inoltre, secondo gli intervistati, stando sempre in casa aumenta la tentazione di aprire la dispensa o il frigorifero per trovare qualcosa da sgranocchiare mentre si lavora, tra una call e l’altra, una cosa che non potrebbe accadere – o sarebbe più difficile – stando in ufficio o lavorando in un contesto diverso da quello casalingo in cui ci si sente troppo a proprio agio.
A spiegare le motivazioni dietro la scelta di creare soluzioni per i lavoratori costretti in caso c’è Riccardo Suardi, fondatore di Nibol: “Nibol nasce per aiutare gli smartworker a trovare postazioni di lavoro in luoghi diversi da casa, come caffetterie, coworking o sale riunioni a tempo. Prima delle restrizioni l’opzione di lavorare in un bar era un’alternativa apprezzata dagli smartworker perché rappresentava una soluzione a diversi problemi emersi durante l’indagine”.
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