L’intervista per smentire le bufale su diete e alimentazione
Il cibo, gli alimenti, le materie prime e la loro elaborazione per la preparazione di pasti sono una delle principali passioni degli italiani. Passione probabilmente nata dalla necessità di nutrirsi partendo da materie di base povere. Di fatto questa passione agricola e culinaria ha portato il nostro paese ad avere il maggior numero di prodotti di qualità certificata DOP e IGP al mondo. Ma non basta, la nostra attenzione al cibo si è riversata anche su di un indotto a monte, oltre che a valle, al punto di avere istituito un sistema di controlli igienico – sanitari molto accurato. Controlli esercitati da istituzioni pubbliche su tutte le filiere agro alimentari che garantiscono al consumatore che i prodotti che acquista siano di buona qualità, nutrienti, sicuri per la salute e quindi commestibili in funzione dei gusti e del regime alimentare del consumatore stesso. Poi ci sono anche molti falsi miti che spesso si confondono con i gusti personali.
Sui livelli di consumo subentrano anche criteri di ordine medico-salutistico, aspetti che possono dare adito a molte interpretazioni. Al riguardo bisogna dire che di per sé non esistono alimenti buoni o cattivi in senso assoluto, concetto che va rapportato allo stato di salute, all’età e al tipo di vita di chi li consuma e ma anche quantità assunta. Pertanto una volta superata la “certificazione” di qualità di un prodotto alimentare effettuata dalle Aziende sanitarie e che un prodotto è posto in commercio il consumatore nella scelta si affida al proprio gusto o alla propria marca preferita e, se vuole, si fa guidare dalle informazioni nutritive e di provenienza del prodotto scelto. Ma tutto ciò basta per una corretta informazione alimentare?
Intervista Morelli: ecco a cosa fare attenzione nella scelta degli alimenti
Lo abbiamo chiesto al prof. Lorenzo Morelli, Direttore del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Alimentari per una filiera agro-alimentare Sostenibile presso la facoltà di Scienze Agrarie, alimentari e ambientali dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede di Piacenza e Cremona. Ecco qualche esempio concreto, cominciamo da un “must” nazionale, la pasta: “È sempre più diffusa l’opinione che la pasta faccia ingrassare e sia parte del dilagante problema di sovrappeso ed obesità; in un sondaggio di Nielsen si è osservato un aumento del 20% di persone che ritengono la pasta nemica della propria linea nel solo periodo 2008-2012. In realtà la pasta è composta da amidi che in seguito a alla cottura mostrano un basso indice glicemico, la revisione Cochrane sull’impiego di carboidrati a basso indice-carico glicemico in diete dimagranti ha mostrato un vantaggio nella perdita di peso quando vengono utilizzate diete a basso indice-carico glicemico. Il carico glicemico è il prodotto della quantità di carboidrati presente nella porzione per il rispettivo indice glicemico, dunque la moderazione nelle porzioni rimane un aspetto importante”.
Un altro esempio riguarda altri alimenti di uso comune come i prodotti lievitati. È vero che provocano gonfiore addominale?
Essendo esperienza comune vedere il rigonfiamento causato dalla lievitazione delle farine, si è portati a credere che il fastidioso gonfiore addominale possa essere causato dai lieviti. In molti ritengono di essere diventati intolleranti ai lieviti ma in letteratura scientifica non si trova riscontro dell’esistenza di una intolleranza o allergia alimentare verso il lievito comunemente utilizzato nei prodotti da forno. Le comuni temperature utilizzate per i prodotti da forno sono di 200 gradi circa, Saccharomices Cervisae muore se esposto a temperature maggiori di 100 gradi. Al contrario il Saccharomices Cervisae viene utilizzato come integratore per le sue proprietà probiotiche proprio per ridurre i sintomi in soggetti affetti da sindrome del colon irritabile.
Per quanto riguarda il glutine, visto che è sempre più diffusa la produzione o la ricerca di cibo “gluten free”, è meglio eliminarlo?
È opinione diffusa che il glutine possa essere nocivo anche a soggetti non celiaci o con “gluten sensitivity“, anche perché le diete possono essere influenzate da correnti di pensiero simili alle mode. Da tempo personaggi famosi che hanno deciso di eliminare il glutine nella loro dieta e sostengono sentirsi meglio oppure di riuscire a perdere peso, creando una sorta di moda dietetica. Analisi sistematiche di centinaia di cibi gluten free non hanno mostrato vantaggi nutrizionali rispetto ai corrispettivi alimenti con glutine, mentre gli alimenti gluten free mostrano un minore tenore proteico, ed un costo maggiore del 200% o più. Peraltro in soggetti celiaci che seguono scrupolosamente la dieta a-glutinata incrementa la prevalenza di sovrappeso ed obesità, fenomeno di cui si stanno indagando le cause. Recenti studi scientifici hanno evidenziato una modifica indesiderata della flora batterica intestinale, in cui le specie batteriche più utili alla salute dell’intestino risultano diminuite in soggetti a dieta gluten free.
Un altro prodotto che viene spesso bandito dalle diete è lo zucchero, è proprio così nocivo?
È sorprendente vedere che lo zucchero, con un indice glicemico 65, risulta avere un indice glicemico medio per anni è stato demonizzato e forse confuso con il glucosio puro, mentre lo zucchero è costituito sia da fruttosio che da glucosio. Vi sono altri alimenti con indice glicemico decisamente maggiore dello zucchero, come ad esempio le gallette di riso, a cui al contrario attribuiamo facilmente virtù salutistiche. Per perdere peso bisogna eliminare i cibi dolci. Frequentemente le persone che si mettono a dieta eliminano totalmente i cibi di cui sono ghiotti: è più semplice eliminare un alimento che si fatica a gestire piuttosto che cercare una soluzione di compromesso. Per tali motivi anche negli gli “Standard Italiani per la Cura dell’Obesità” viene lasciato spazio al 10-12% dell’energia proveniente da zuccheri, il che consente di consumare alcuni alimenti edonistici – ad esempio cioccolato, biscotti o il gelato – anche quando si è a dieta.
Uno dei falsi miti più ricorrenti spesso alimentato da questioni di marketing è la ricerca del cibo “free from”. Uno dei più comuni è il lattosio. Zucchero tipico del latte che solo in pochi non riescono a digerire, a causa della mancanza della lattasi – che però può essere riformata gradualmente – ma che viene utilizzato come un plus del cibo a scopi commerciali. Ma su questo tema specifico sarà bene tornare con approfondimenti ah hoc.
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Ildebrando Bonacini