Tecnologie per l’architettura urbana: come riqualificare in chiave smart

Senza un’adeguata struttura, le città moderne rischiano di trasformarsi in organismi fragili, incapaci di supportare la vita urbana contemporanea. Con l’aumento dei carichi demografici, la pressione sugli impianti energetici, la necessità di contenere le emissioni e gli effetti del cambiamento climatico, la rigenerazione del patrimonio edilizio diventa un dovere strategico. La cosiddetta riqualificazione smart va oltre il tradizionale restyling estetico, perché […]

di Filippo Piervittori | 24 Luglio 2025

Senza un’adeguata struttura, le città moderne rischiano di trasformarsi in organismi fragili, incapaci di supportare la vita urbana contemporanea. Con l’aumento dei carichi demografici, la pressione sugli impianti energetici, la necessità di contenere le emissioni e gli effetti del cambiamento climatico, la rigenerazione del patrimonio edilizio diventa un dovere strategico.

La cosiddetta riqualificazione smart va oltre il tradizionale restyling estetico, perché si pone l’obiettivo di elevare l’efficienza attraverso materiali intelligenti, sensoristica distribuita e soluzioni digitali con autodiagnosi. In questa situazione, i modelli progettuali evoluti consentono di unire riduzione dei consumi, comfort abitativo e tutela dell’ambiente urbano. Si apre, quindi, un ampio insieme di opportunità per amministrazioni, progettisti e operatori del settore.

Cosa significa riqualificare in chiave smart?

Riqualificare in chiave smart implica intervenire sull’involucro edilizio e sui sistemi impiantistici con l’obiettivo di ridurre sprechi, prolungare il ciclo di vita degli edifici e migliorare la qualità di chi li abita.

Non si tratta semplicemente di dare nuova vita a una facciata, ma di creare un equilibrio che coinvolga tutti i componenti, per assicurare prestazioni termiche, acustiche e strutturali superiori.

Una facciata di un edificio dotata di pannelli fotovoltaici integrati, ad esempio, svolge funzioni multiple: produce energia, mitiga l’irraggiamento solare e riduce l’escursione termica sugli strati interni.

Allo stesso tempo, sensori appositi installati su quadri elettrici e unità di trattamento dell’aria consentono una manutenzione preventiva, evitando eventuali guasti. L’edificio diventa perciò un nodo di una rete urbana, che comunica con la smart grid, modula i prelievi di energia secondo tariffe dinamiche e cede l’eccedenza prodotta.

Le isole di calore urbane sono un fenomeno climatico sempre più rilevante, soprattutto in estate, che rende le città significativamente più calde rispetto alle aree rurali circostanti. La differenza può arrivare fino a 5-7°C, soprattutto nelle ore serali e notturne. Ciò si verifica perché asfalto e cemento assorbono il calore solare e lo rilasciano lentamente, mentre edifici alti e strade strette ostacolano la ventilazione naturale, dove la scarsità di vegetazione: meno significa meno ombra e meno evapotraspirazione. Infine traffico, climatizzatori, industrie e riscaldamento producono calore aggiuntivo e l’inquinamento atmosferico agisce come una “coperta” che trattiene il calore.

Nella progettazione, l’integrazione fra architettura, ingegneria e tecnologia richiede un metodo ben preciso: bisogna valutare interazioni fra materiali, sistemi di controllo e usi dell’utenza, adattando la soluzione alle caratteristiche climatiche del luogo. Il risultato consiste in un’opera edilizia che “ragiona” in tempo reale, con un’ottimizzazione automatica di ventilazione, illuminazione e climatizzazione a seconda dell’occupazione e delle condizioni esterne.

L’importanza dei materiali

La durata dell’intervento e le prestazioni energetiche dipendono in larga misura dai materiali utilizzati. Alcuni esempi sono costituiti da stratigrafie leggere, sistemi isolanti e vetri dinamici a controllo di trasmittanza termica.

L’utilizzo di impermeabilizzanti poliuretanici, ad esempio, assicura perfetta adesione al supporto sottostante, assenza di giunzioni e sormonti (punti critici), con ottima resistenza ai raggi UV e alle temperature estreme, stabilità all’idrolisi e ottimo comportamento al crack bridging migliorando l’efficienza dell’edificio e riducendo gli interventi di manutenzione.

Questi rivestimenti formano strati continui, che resistono a dilatazioni termiche e micro‑lesioni del supporto. Tra le aziende di riferimento c’è Krypton Chemical, realtà specializzata in sistemi impermeabilizzanti e protettivi di superfici con soluzioni a freddo e Hot Spray che si caratterizzano per l’aspetto elastomerico a comportamento isotropico. L’azienda propone anche formulati per pavimentazioni a base di resine epossidiche trasparenti o colorate, che si distinguono per elevata adesione e resistenza meccanica e chimica.

Affidarsi a materiali performanti significa, quindi, limitare le interruzioni dovute a riparazioni frequenti e garantire livelli di sicurezza superiori. Ad esempio, una membrana che sigilla vasche di raccolta impedisce infiltrazioni che potrebbero compromettere la stabilità della struttura e impianti elettrici posti nei piani inferiori, mentre un rivestimento applicato sulla copertura alleggerisce il carico sul sistema di raffrescamento (cool roof).

Superfici urbane e gestione dell’acqua

Gli eventi meteorologici intensi, sempre più frequenti, mettono alla prova reti di drenaggio e superfici asfaltate. Terreno, pietra e asfalto faticano a smaltire improvvisi nubifragi, generando spesso allagamenti che danneggiano infrastrutture e compromettono la vivibilità degli spazi.

Per rispondere a questo scenario è fondamentale predisporre diverse strategie integrate, che vanno dai tetti verdi alle pavimentazioni drenanti, passando per i sistemi di accumulo fuori terra (tetti blu) o sotterranei che trasformano l’acqua in risorsa.

Gli impermeabilizzanti occupano una posizione importante all’interno di questa catena: le membrane al poliuretano o poliurea, applicate sulle vasche, hanno l’effetto di evitare le dispersioni e assicurano la tenuta nel tempo, anche in presenza di flessioni della struttura portante.

Sul piano urbano, invece, i rivestimenti elastomerici riducono il rischio di fessurazioni causate da cicli di gelo e disgelo, mentre, per fare un altro esempio, la presenza di giunti strutturali protetti da poliurea mantiene la continuità idraulica.

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