
Le riflessioni di Hawking sull’intelligenza artificiale tornano d’attualità tra opportunità e rischi: la comunità scientifica chiede regole globali per un futuro sicuro.
Nel panorama dell’evoluzione tecnologica globale, le riflessioni di Stephen Hawking sull’intelligenza artificiale (IA) continuano a risuonare con un’impressionante attualità. Il celebre fisico e cosmologo britannico, scomparso nel 2018, aveva previsto non solo i progressi straordinari della tecnologia, ma anche i rischi potenziali che essa comporta per l’umanità. A oltre sette anni dalla sua morte, il dibattito sull’IA e sulle sue implicazioni assume oggi una centralità cruciale, soprattutto con il recente sviluppo di sistemi avanzati come Google Gemini e la crescente attenzione internazionale verso la governance dell’IA.
La visione profetica di Stephen Hawking sull’intelligenza artificiale
Stephen Hawking, noto per il suo contributo fondamentale alla fisica teorica e alla cosmologia, aveva fin dagli anni Novanta anticipato che l’intelligenza artificiale avrebbe trasformato radicalmente ogni aspetto della vita umana, dal lavoro alla comunicazione. Egli non fissò mai una data esatta per questo cambiamento epocale, ma usò il 2025 come riferimento simbolico per stimolare riflessioni profonde e necessarie sulla convivenza con macchine sempre più intelligenti.
In particolare, Hawking mise in guardia contro la possibile perdita di controllo su sistemi autonomi, soprattutto qualora venissero impiegati in settori critici come la difesa o la gestione delle infrastrutture vitali. La sua era una voce autorevole che richiamava a una regolamentazione globale e a una cooperazione internazionale per sviluppare un’IA sicura, etica e al servizio del bene comune.

Per Hawking, l’automazione e la robotica rappresentano strumenti potenti per migliorare la qualità della vita, accelerare la ricerca scientifica e ottimizzare settori come la medicina e l’industria. Tuttavia, la sua visione non era ingenuamente ottimistica: sottolineava con forza il pericolo che un’intelligenza artificiale super-intelligente, dotata di competenza avanzata ma senza valori umani condivisi, potesse agire in modi contrari agli interessi dell’umanità.
Il fisico britannico spiegava che il rischio non risiede tanto in una “cattiveria” delle macchine, quanto piuttosto nella loro efficienza nel perseguire obiettivi potenzialmente incompatibili con quelli umani. Come aveva affermato, un sistema che persegue un progetto senza considerare le conseguenze potrebbe causare danni collaterali gravi, analogamente a come un progetto idroelettrico potrebbe sommergere un formicaio senza alcuna intenzione maligna.
In questo contesto, la comunità scientifica oggi si impegna in un dialogo globale per stabilire norme di sicurezza e criteri etici, mentre organismi internazionali e Stati cercano di coordinare strategie di governance dell’IA, in linea con le indicazioni che Hawking auspicava.
Uno degli aspetti più preoccupanti evidenziati da Hawking riguarda il mercato del lavoro. L’avanzamento dell’IA rischia di rendere obsolete molte professioni tradizionali, creando squilibri economici e sociali se non accompagnato da politiche di formazione continua e ricollocamento professionale. Il fisico sosteneva che senza un’adeguata preparazione, la distribuzione dei benefici derivanti dall’IA rischierebbe di concentrarsi in poche mani, aggravando le disuguaglianze.
Oggi, a quasi un decennio dalle sue previsioni, questo monito appare più che mai attuale. I governi e le organizzazioni internazionali sono chiamati a investire in programmi educativi e a promuovere iniziative che favoriscano una transizione equa verso un’economia digitale basata sull’intelligenza artificiale.
Nel suo ultimo libro postumo, “Le mie risposte alle grandi domande”, pubblicato pochi mesi dopo la sua morte, Hawking si spinge oltre, immaginando un futuro in cui l’umanità potrebbe essere superata da una “razza di superumani” geneticamente modificati. Questa nuova generazione di esseri umani, migliorata mediante tecniche di editing genetico, potrebbe auto-progettarsi e potenziarsi autonomamente, dando vita a nuovi dilemmi etici e politici.













