La rivoluzione dello smart working raccontata da Matteo Scarabelli (Cariplo Factory)
Il Covid-19 ci ha dato una grande occasione di cambiamento a livello lavorativo: ha introdotto lo smart working. Esso potrebbe portare a una vera e propria rivoluzione industriale. Un cambiamento del genere può inizialmente fare paura, ma è quasi impossibile resistere al precipitare delle cose. L’impatto potrà arrivare a travolgere l’intera società. La storia ci ha insegnato che le novità più dirompenti arrivano al termine di un percorso, mentre la pandemia ci ha imposto all’improvviso una grande trasformazione, cogliendoci impreparati. Passata l’emergenza, la maggior parte delle aziende pianifica il ritorno: come?
Andare a lavorare, diciamocelo, è un impegno non da poco a livello di tempo e soldi, senza contare l’impatto di queste attività sulla qualità dell’aria. Finalmente tutti si sono accorti che esiste un modello alternativo: “lavorare” non ha più lo stesso significato di prima. Le aziende, soprattutto dei servizi, hanno intuito le sue grandi potenzialità. Lo abbiamo visto con i grandi player del tech: Twitter è stato il più radicale, offrendo a tutti i dipendenti la possibilità di lavorare da casa per sempre. Google ha annunciato lo smart working fino all’estate 2021. Facebook sta lavorando per offrire il lavoro da remoto al 50% dei propri dipendenti.
L’alternanza tra casa e ufficio
Da questo punto di vista, il COVID-19 rappresenta un punto di non ritorno. L’obiettivo ora è organizzare il lavoro in modo diverso, più flessibile, con alternanza tra la presenza e il remoto. L’ufficio diventa così un luogo di incontro, di scambio, di contaminazione, mentre il lavoro individuale è più operativo e viene svolto in modo efficiente da casa. Tutto ciò può avere impatto anche sulla vita delle persone: senza incidere sul monte ore lavorativo le persone avrebbero più tempo da destinare alla famiglia, al volontariato, allo sport, potendolo anche organizzare autonomamente.
Questa nuova organizzazione basata su fiducia e responsabilità potrebbe inoltre creare i presupposti per una nuova cultura aziendale basata su risultati, merito, qualità del lavoro. Il mix di lavoro da remoto e in presenza sarebbe la combinazione perfetta anche per portare a compimento due soft skill fondamentali: la capacità di lavorare in squadra ed un elevato grado di autonomia nel portare avanti le attività. Secondo l’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano il lavoro agile porterebbe a un incremento di produttività del 15% per ogni lavoratore insieme a una riduzione del tasso di assenteismo del 20%.
Smart working rivoluzione: piccoli cambiamenti portano a grandi trasformazioni
Si tratta di un cambiamento epocale, potenzialmente in grado di trasformare non solo i modelli organizzativi delle imprese e la quotidianità di milioni di persone, ma il concetto stesso di città. Il tessuto urbano potrebbe perdere la tendenza monocentrica a favore di un modello policentrico. Tutto questo è legato al lavoro da remoto. Le grandi trasformazioni nascono sempre da piccoli cambiamenti: all’inizio degli anni ’80 un imprenditore utilizzò per la prima volta il codice a barre e le casse con lettore laser. Dopo le resistenze di fornitori e sindacati il modello prese piede e ora è impossibile pensare di fare la spesa senza questi strumenti.
La storia del codice a barre è un esempio perfetto per capire quanto la resistenza al cambiamento sia sempre stata forte. Di storie simili ce ne sono moltissime. Una che mi sta particolarmente a cuore è legata alla bicicletta, bollata a inizio ‘900 come strumento criminale. Alla base di questo giudizio c’era la velocità che la bicicletta permetteva alle persone che la utilizzavano. Era possibile coprire velocemente distanze che a piedi richiedevano molto tempo trasportando anche piccoli e medi carichi per viaggi di breve gittata. La bicicletta, insomma, offriva alle persone nuove possibilità di movimento, di lavoro e di vita. Esattamente come lo smart working.
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